I racconti della buona notte
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Scout C@fé: Il Forum degli Scout -> Lupetti e Coccinelle

#1: I racconti della buona notte Autore: MarmResidenza: Veneto MessaggioInviato: Lunedì 01 Marzo 2010, 23:47
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Dopo una terribile escursione in campo rs, torno nel mio mondo...

Spero di trovare degni sostenitori di racconti della buona notte in questo forum, si.. quei raccontini da 5-10 minuti che si raccontano ai lupetti mentre sono le coperte, a luci spente... Qualcuno si addormenta anche prima che il racconto sia finito, qualche altro invece riesce a resistere anche troppo a lungo... ma si sa, nulla è perfetto.

Io comincio con due racconti che ho fatto fare alle ultime vacanze di branco. Sono anche gli unici che ho nel mio archivio personale, ma spero di riuscire ad aggiungerne qualcuno, altrimenti che faccio alle prossime VDB? Very Happy

#2:  Autore: MarmResidenza: Veneto MessaggioInviato: Lunedì 01 Marzo 2010, 23:50
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Questa è una mia leggera rielaborazione di un racconto già esistente:


Il sasso miracoloso

Tra le montagne del Nord vi era un piccolo villaggio che non conosceva quasi nessuno, ragion per cui era rarissimo che da quelle parti vi passassero dei forestieri. E d’altra parte neppure gli abitanti del villaggio volevano che si sapesse di loro e si dicevano felici di non esser disturbati da chicchessia. Ciascuno aveva il suo pezzetto di terra nel quale coltivava due o tre cose soltanto, quelle che per tradizione la sua famiglia aveva imparato a coltivare meglio. Erano talmente bravi che sebbene lavorassero un arido terreno di montagna, solo nelle fertile pianura più a valle si potevano vedere piante altrettanto belle. Altri invece si erano spartiti il bosco ed erano diventati tanto abili a cacciare la selvaggina nascosta tra le rocce che nessun altro avrebbe mai potuto eguagliarli in quanto a precisione nel colpire col fucile. Tenevano così tanto a quello che riuscivano a cacciare o coltivare che tenevano tutto per se, e neppure gli anziani ricordavano che nel paese si fosse mai fatto un qualche tipo di scambio tra una famiglia e un’altra. Cosi capitava che in una famiglia si tramandasse di generazione in generazione la coltivazioni delle cipolle, oppure delle carote, e non si mangiasse mai altro che quello.

Un giorno arrivò al villaggio un forestiero decisamente ben vestito. Si fermò davanti alla porta di una casa nel bel mezzo del paese e bussò. La donna che aprì la porta rimase a lungo con la bocca aperta per la sorpresa nel trovare un forestiero in paese e per giunta tanto ben vestito, lo squadrò dall’alto in basso e quindi gli domandò chi fosse e cosa volesse.
“Vorrei soltanto qualcosa da mangiare, è da molto che sono in viaggio e tra queste montagne non ho trovato un posto dove fermarmi per mettere qualcosa sotto i denti.”
“Mi spiace”, rispose la donna che gli aveva aperto, “ma in casa non ho nulla da mangiare.”
“Non si preoccupi”, replicò lo sconosciuto amabilmente ”ho nella bisaccia un sasso da minestra; se mi darete il permesso di metterlo in una pentola di acqua bollente, preparerò la zuppa più deliziosa del mondo. Però mi occorre una pentola molto grande, per favore.”

La donna era incuriosita e voleva proprio vedere come fosse fatto quel sasso di cui lo straniero parlava. Andò subito in cucina e dopo un lungo rovistare trovò infine la pentola che gli serviva. La riempì d’acqua e la mise sul fuoco. In quel momento arrivò una vicina di casa, che l’aveva sentita mentre rovistava tanto rumorosamente il pentolame, e, incuriosita anch’ella, veniva a vedere cosa mai stesse accadendo di eccezionale. Quando l’acqua cominciò a bollire ormai tutto il villaggio sapeva dell’elegante forestiero e del suo sasso da minestra.

“Ma si consumerà?” chiese una donna. “No, non si consumerà affatto,” rispose lo straniero con sicurezza, “l’unica accortezza che bisogna avere è che la pentola sia abbastanza grande e ben piena d’acqua. Questa andrà benissimo.”
Depose il sasso nell’acqua, mescolò per qualche istante, poi ne assaggiò un cucchiaino ed esclamò con aria beata: “ Ah, che delizia! Mancano solo delle patate.”

“Io ho delle patate in cucina”, esclamò una donna. Pochi minuti dopo era di ritorno con una grande quantità di patate tagliate a fette, che furono gettate nel pentolone.

Allora lo straniero assaggiò di nuovo il brodo. “Eccellente,” gridò.
Poi però aggiunse con aria malinconica: “Se solo avessimo un po’ di carne, diventerebbe uno squisito stufato.” Un’altra massaia corse a casa per andare a prendere della carne, che l’uomo accettò con garbo e gettò nella pentola.

Al nuovo assaggio, egli alzò gli occhi al cielo e disse:” Ah, manca solo un po’ di verdura e poi sarebbe perfetto, veramente perfetto!” Diverse donne corsero a casa e tornarono con cesti pieni di carote e di cipolle.

Dopo aver messo anche queste nella zuppa, lo straniero assaggiò il miscuglio e dichiarò in tono imperioso: “Sale e salsa.” “Eccoli.” disse la padrona di casa.

Lo stranierò mescolò gli ultimi ingredienti con cura, assaggiò nuovamente per accertarsi di non aver dimenticato nulla e poi diede un altro ordine: “ Scodelle per tutti.”
La gente corse a casa a prendere le scodelle. Ma qualcuno portò anche pane e frutta. Poi sedettero tutti a tavola, mentre lo straniero distribuiva grosse porzioni di zuppa.

Era davvero la zuppa più buona che avessero mai mangiato e tutti provavano una strana felicità nel ritrovarsi tutti assieme, ridendo e chiacchierando: gustavano il loro primo vero pasto in comune.
In mezzo all’allegria generale, lo straniero scivolò fuori silenziosamente, lasciando il sasso miracoloso affinché potessero usarlo tutte le volte che volevano per preparare la minestra più buona del mondo.
La gente del villaggio, invece, continuò l’allegra serata sino a quando non fu ora di andare a dormire.

#3:  Autore: MarmResidenza: Veneto MessaggioInviato: Lunedì 01 Marzo 2010, 23:52
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E questo invece è quello che son riuscito a ricostruire da un racconto della buona notte (il primo che abbia sentito...) risalente al mio CFM:


Il tassello

Su di un ampio tavolo di legno un bambino tentava di completare un puzzle iniziato diverso tempo prima, ma i pezzi erano tanti e così molte tessere erano ancora sparse per il tavolo in attesa di trovare il loro posto.

“Certo non sono molto comoda qui.” Pensò una tessera che si trovava proprio in bilico sul bordo del tavolo. “Mi toccherà passare qui tutta la notte, stando sempre attenta a non muovermi troppo perché proprio non mi va di finire per terra. A parte il salto che mi mette paura, non mi và di restare da sola sul pavimento, così lontana da questo tavolo dove stanno tutti i miei amici.”
Ma venne il mattino, e di buon’ora, venne anche la donna delle pulizie, una signora un po’ anziana e con una vista non più perfetta. Prese la scopa e si diede da fare, ma mentre passava vicino al tavolo, senza neppure accorgersene, andò a sbatterci contro. Appena appena. La tessera che dalla sera prima era in equilibrio sul bordo del tavolo cominciò a oscillare un poco, “oh mamma mia!”, disse preoccupata, “non ce la faccio più a tenermi aggrappata.” Ma non riuscì a finire la frase perché già cadeva al suolo, dopo aver ruotato 4 o 5 volte su se stessa.
“E adesso che succede?”, chiese ancora intontita dopo il gran volo, non sapendo se ridere per il solletico o piangere per la paura. La scopa infatti la spostava, solleticandola con le setole, prima avanti, poi di lato e poi di nuovo avanti… fino a quando non raggiunse la porta di casa. Un altro colpo di scopa e si ritrovò sul marciapiede in mezzo a un mucchietto di polvere. Un ultimo colpo ancora e fu in mezzo al cortile.

“Almeno qui non mi muove più nessuno. Un po’ di calma per riprender fiato mi ci voleva proprio. Sono sicura che qualcuno mi vedrà qui per terra e mi rimetterà insieme agli altri.”

Un cane si avvicinò annusando e quale che fosse l’odore del tassello, dovette incuriosirlo parecchio, infatti lo prese in bocca e se lo portò a spasso per un bel tratto. “Lasciami giù! Dove mi stai portando? Non è qui il mio posto!”
Erano giunti alla strada principale e quando vide un gatto passeggiare tranquillo sull’altro marciapiede, il cane si dimenticò all’istante di quel che aveva in bocca. “Eccomi sul marciapiede. Spero almeno di asciugarmi dalla bava di quel cane.”

Passava allora lo spazzino. “La ramazza di quest’uomo è ancor più dura e fastidiosa della scopa di poco fa… accidenti se fa male!” E fu così che la tessera si ritrovò nel bel mezzo della strada.
Passò un auto, poi un'altra, ed ad ogni passaggio l’aria la sollevava e la faceva volare sempre più lontana.

L’ultimo volo la fece fermare contro il marciapiede, “meno male, un po’ di riposo. Proprio non ne potevo più.”
Ma venne la pioggia e la strada si allagò ben presto. Come una barchetta su un torrente pieno di cascate e cascatelle, la tesserà cominciò a galleggiare, a volte affondando e poi riemergendo, incontrando salti e mulinelli. La grata di un tombino fermò la sua corsa, ma non era piacevole neppure starsene lì, proprio in mezzo alla corrente più forte, con tutta l’acqua che ti viene addosso premendo per entrare nel tombino. L’acquazzone era durato in tutto solo pochi minuti, eppure bastò per inzuppare ben bene il tassello. “Eccomi qua, incastrata in un tombino. Proprio in mezzo al fango. E per di più tutta quest’acqua ha sciolto e mescolato i miei colori. Nessuno riuscirà a riconoscermi per portarmi dal bambino.”

Arrivò il sole. “Meno male”, pensò la tessera, “avevo proprio voglia di asciugarmi un po’!” Ma asciugandosi il cartoncino cambiò di forma, si curvò e i suoi strati di carta si aprirono. “Di male in peggio”, disse la tessera sconsolata, “ora son ridotta talmente male che se anche il bambino mi avesse tra le mani, non riuscirebbe a incastrarmi da nessuna parte del puzzle.”

Aveva perso ogni speranza di tornare a casa quando una mano la raccolse. “Eccola”, disse il bambino, “è un po’ mal ridotta, ma la riconosco: è proprio la tessera che mi manca!”. La portò subito a casa, correndo tutto contento. La lavò con cura e con molta attenzione, per togliere via tutto lo sporco, poi mise un po’ di colla dove il cartoncino si era aperto e con l’aiuto di alcuni libri le ridiede la forma corretta. Poi prese la sua scatola dei colori e riempì gli spazi dove il cartoncino era tornato al suo colore naturale.
Quando tutto fu ben asciutto riprese in mano la tessera e la portò al tavolo dove stavano tutte le altre. Ormai il puzzle era quasi completo, mancava un solo pezzo, proprio quella tessera che il bambino teneva in mano.

#4:  Autore: Stella FeliceResidenza: Aci Castello MessaggioInviato: Martedì 02 Marzo 2010, 09:58
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Noi ai lupi anziani raccontiamo anche qualche storiella dei fantasmi, che alla fine però diventano comiche tanto che non ce le fanno finire e si inventano loro il finale!

#5:  Autore: MarmResidenza: Veneto MessaggioInviato: Martedì 02 Marzo 2010, 11:54
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Però così più che una preparazione al silenzio diventa un gioco da famiglia felice...

Per me il racconto della buona notte dovrebbe servire a calmare i lupetti ed essere l'ultima cosa che sentono, a parte l'Ula ula.

#6:  Autore: elfo MessaggioInviato: Martedì 02 Marzo 2010, 12:03
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Noi in genere in Branco concludiamo il "Fuoco serale" con una canzone tipo "Le lucciole" (se qualcuno la conosce) a cui segue un breve racconto o riflessione collegato con l'argomento delle attività della giornata, e poi chiudiamo cantando "Mamma del Cielo".
Poi ci si lava, ci si infila nel sacco a pelo, e si dà la buona notte con Ula Ula Ula cantato dai Capi Branco.

#7:  Autore: MarmResidenza: Veneto MessaggioInviato: Martedì 02 Marzo 2010, 15:31
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Voglio precisare una cosa che mi è sfuggita prima: il racconto della buona notte non ha uno scopo educativo ben preciso, serve piuttosto a creare un clima di serenità con storielle semplici e positive.
Poi se già si fa un racconto poco prima di andare a letto, farne un altro subito prima dell'ula ula può essere eccessivo.

Da noi a fine giornata si legge di solito un pezzetto del vangelo legato al tema della giornata e si fa un momento "manuale" e un po' giocato di verifica. Ok.. "Mamma del Cielo" credo sia un classico.

#8:  Autore: paciock87Residenza: Romano MessaggioInviato: Martedì 02 Marzo 2010, 18:30
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Io sono fan delle storie di Rodari e Piumini... Perfette per addormentarsi...

#9:  Autore: Sentry MessaggioInviato: Sabato 06 Marzo 2010, 00:18
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paciock87 ha scritto:
Perfette per addormentarsi...

Hihi... chissà se agli autori piacerebbe sentirselo dire Razz leggendo la tua frase mi è venuto in mente "insomma, sono una barba"
(anche se credo di aver capito quello che intendevi)

anche nel mio branco, mai raccontato storie prima di dormire... piuttosto cercavamo di dosare bene le attività e i cerchi serali in modo che arrivassero ad una "serena" e naturale conclusione.

#10:  Autore: akela_xxResidenza: Genova MessaggioInviato: Sabato 06 Marzo 2010, 16:45
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noi di solito alle vdb, quando i lupi sono già a letto e le luci spente, dopo l'ula ula aspettiamo qualche attimo e poi leggiamo un racconto attinente con l'ambientazione del campo.. ad esempio l'anno scorso abbiamo fatto peter pan: il racconto faceva pregustare un pochino la giornata dell'indomani, oppure parlava di quello che era successo durante il giorno.

#11:  Autore: rinoceronte caparbio MessaggioInviato: Sabato 06 Marzo 2010, 19:52
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uhm.....perchè dopo?

#12:  Autore: akela_xxResidenza: Genova MessaggioInviato: Domenica 07 Marzo 2010, 21:28
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anche se fare il racconto dopo l'esperienza è tipico dell'ambiente fantastico bosco, ogni tanto si può fare anche in branco, dove invece di solito si fa racconto e poi esperienza (gioco)... ora come ora non mi ricordo quale fossero i racconti fatti così, ma ce l'eravamo pensata..

#13:  Autore: rinoceronte caparbio MessaggioInviato: Lunedì 08 Marzo 2010, 00:14
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al di là di quello, mi chiedevo perchè dopo l'ula ula: dovrebbe essere la ninna nanna (quindi ultima cosa) che si dice ai lupi...

#14:  Autore: akela_xxResidenza: Genova MessaggioInviato: Lunedì 08 Marzo 2010, 23:13
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In effetti si, ma non mi pare così importante la cosa.. tutti nei sacchi a pelo a nanna.. un attimo di silenzio, ula ula cantato dai VVLL.. un'attimo di silenzio.. e poi un VL legge il racconto della buonanotte.. è anche bello addormentarsi mentre qualcuno ti legge una favola..

#15:  Autore: MarmResidenza: Veneto MessaggioInviato: Lunedì 08 Marzo 2010, 23:32
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paciock87 ha scritto:
Io sono fan delle storie di Rodari e Piumini... Perfette per addormentarsi...

Rodari non i ha mai affascinato... e in effetti temevo di dover interpretare la tua frase come Sentry Very Happy
Comunque mi sto documentando.

Piumini non lo conosco...

Ma se conosci qualche racconto/favola/storia in particolare che merita di esser letta... Grazie e Very Happy

#16:  Autore: rinoceronte caparbio MessaggioInviato: Martedì 09 Marzo 2010, 03:10
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akela_xx ha scritto:
In effetti si, ma non mi pare così importante la cosa.. tutti nei sacchi a pelo a nanna.. un attimo di silenzio, ula ula cantato dai VVLL.. un'attimo di silenzio.. e poi un VL legge il racconto della buonanotte.. è anche bello addormentarsi mentre qualcuno ti legge una favola..
bho......secondo me è preferibile che l'ula ula sia l'ultima cosa...

#17:  Autore: MarmResidenza: Veneto MessaggioInviato: Martedì 09 Marzo 2010, 13:57
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rinoceronte caparbio ha scritto:
bho......secondo me è preferibile che l'ula ula sia l'ultima cosa...

Concordo, ma mi sembra una questione molto marginale.
Le parole dell' ula ula suggeriscono che il branco sia già pronto a far la nanna mentre viene cantata. Fare qualcos'altro dopo ne rende un po' falso il testo ("...il branco dorme già...").

Ma in fondo sia con il racconto che che con l'ula ula i lupi devono restare bene in silenzio. Un "Buona Notte" dopo l'ula ula può essere molto peggio...

#18:  Autore: akela_xxResidenza: Genova MessaggioInviato: Mercoledì 10 Marzo 2010, 00:13
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il "buona notte" assolutamente no... rovina la magia del momento..
il racconto invece ha un qualcosa di magico.. è come se per un pò ci si riproiettasse nel gioco..

#19:  Autore: MarmResidenza: Veneto MessaggioInviato: Mercoledì 10 Marzo 2010, 01:06
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akela_xx ha scritto:
il "buona notte" assolutamente no... rovina la magia del momento..

Rovina il momento? No, no.. è molto peggio...
Era un evento di zona con il cda di circa una decina di branchi. Un totale di 70-80 lupetti ospitati in una palestra.
E' il momento di metterli a nanna, imponiamo il silenzio e quando sono finalmente tranquilli cantiamo l'ula ula.
A un vecchio lupo viene la malsana idea di dire "Buona notte". Quel che ne segue è la più tipica delle reazioni a catena e il "buona notte" rimbalza di lupetto in lupetto. Nel giro di 30 secondi la voglia di dormire è passata a tutti...

#20:  Autore: elfo MessaggioInviato: Mercoledì 10 Marzo 2010, 03:22
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Marm ha scritto:

A un vecchio lupo viene la malsana idea di dire "Buona notte". Quel che ne segue è la più tipica delle reazioni a catena e il "buona notte" rimbalza di lupetto in lupetto. Nel giro di 30 secondi la voglia di dormire è passata a tutti...


Immagino... da noi invece Akela termina l'Ula Ula proprio dicendo "Buona notte", ma non ci si aspetta una risposta.

Comunque basta devastarli con le attività durante il giorno e la voglia di dormire non passa... questo vale anche per gli R/S (penso alla nostra scorsa Route estiva...) Very Happy

#21:  Autore: paciock87Residenza: Romano MessaggioInviato: Sabato 13 Marzo 2010, 23:57
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Sentry ha scritto:
paciock87 ha scritto:
Perfette per addormentarsi...

Hihi... chissà se agli autori piacerebbe sentirselo dire Razz leggendo la tua frase mi è venuto in mente "insomma, sono una barba"
(anche se credo di aver capito quello che intendevi)


Invece scommetto il contrario... Molte favole sono pensare per essere della "Buonanotte"...

rinoceronte caparbio ha scritto:
al di là di quello, mi chiedevo perchè dopo l'ula ula: dovrebbe essere la ninna nanna (quindi ultima cosa) che si dice ai lupi...


L'ula ula è per tutti e la favola è per chi rimane sveglio... Nel senso che per i miei vale la regola di elfo:

Citazione:
Comunque basta devastarli con le attività durante il giorno e la voglia di dormire non passa..


In molti non mi arrivano neanche alla fine dell'Ula-ula, se gli leggo la favola l'ula ula rimane per pochi eletti... E siccome la Favola è un plus e l'Ula Ula è un must, faccio prima il canto e poi il racconto... La favola è il "colpo di grazia", per essere sicuro che tutti mi dormono...

Marm ha scritto:
paciock87 ha scritto:
Io sono fan delle storie di Rodari e Piumini... Perfette per addormentarsi...

Rodari non i ha mai affascinato... e in effetti temevo di dover interpretare la tua frase come Sentry Very Happy
Comunque mi sto documentando.

Piumini non lo conosco...

Ma se conosci qualche racconto/favola/storia in particolare che merita di esser letta... Grazie e Very Happy


Piumini è uno degli autori dell'Albero Azzurro... La bibliografia è infinita... Ti posso dire che io conservo gelosamente Storie dell'Orizzonte, ci sono parecchie favole molto belle...

#22:  Autore: MarmResidenza: Veneto MessaggioInviato: Lunedì 02 Agosto 2010, 21:33
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Aggiungo qualche racconto alla collezione, giusto quelli provati durante le mie ultime VDB...

Nota: lo so, ho un caratteraccio... questi racconti si trovano nella versione originale in diverse pagine web, apprezzati per la loro bellezza. Io però ho sentito comunque il bisogno di modificarli, accorciando (il primo), allungando (il secondo) o modificando completamente il finale (l'ultimo).




E' arrivato un mostro!
(Versione brutalmente adattata dall'omonimo racconto di Bruno Ferrero, Nuove storie)

Il paese di Dolceacqua era il più sereno e pacifico della terra. Come scrivono nei loro libri gli scrittori, era un paesino davvero "ridente". Tutto procedeva bene finché una notte blu, per le vie deserte, si sentì uno strano "toc toc, toc toc, toc toc...", accompagnato da un ansimare cupo e raschiante. Solo qualche coraggioso si affacciò alla finestra.
Un bisbigliare concitato cominciò a rincorrersi dietro le persiane.
"E' un forestiero".
"Un gigante...".
"Mamma mia, quant'è brutto!".
Lo sconosciuto camminava curvo sotto il peso di un grosso sacco. Ogni tanto era costretto a fermarsi per soffiarsi il naso: doveva avere un terribile raffreddore. Ecco perché ansimava e tossiva come un vecchio mantice sforacchiato.
C'era, al fondo del paese, a due passi dal bosco, una profonda caverna nera. Il mostro, non trovando niente di meglio, ci si installò.
Nell'osteria del paese si riunirono il giorno dopo tutti, anche le nonne, le mamme e i bambini.
"Io l'ho visto bene e da vicino: è terribile".
"L'ho guardato negli occhi: fanno paura".
"Sputa fiamme dalle narici!".
"E' il diavolo" disse una nonna.
"E' un orco mangia-uomini... poveri noi!", singhiozzò una vecchietta.
"Io l'ho visto da vicino vicino" disse Simone, un ragazzetto di dodici anni.
"Anch'io, ero con lui", gli fece eco la sorellina Liliana, “ma non faceva paura, è solo un po' diverso da noi".
Ma non li stettero a sentire, sbirciavano in su, verso il bosco. Dove si intravedeva la gran bocca nera della caverna in cui era andato ad abitare il mostro.
Proprio in quel momento, ingigantito dall'eco della caverna, si udì un tremendo, roboante starnuto.
"E' il mostro! Aiuto!", e strillando a più non posso tutti scapparono in casa e chiusero a tripla mandata tutte le serrature che trovarono.
Nei giorni seguenti, a Dolceacqua, la vita riprese normalmente. Quasi tutti si erano dimenticati del mostro, che, a onor del vero, non dava fastidio a nessuno. Solo, ogni tanto, si udiva un rumore terribile. La gente diceva; "Tò, il mostro starnuta, S'è di nuovo raffreddato", e tornavano alle loro occupazioni.
Un giorno un camion carico di mattoni passò troppo velocemente su una buca della strada e perse due mattoni. Tommaso, un ragazzino che passava di là, si fermo e ne raccolse uno. Samuele, un suo amico che usciva dalla scuola, dove si era fermato a finire i compiti, lo vide. "Ehi, Tom! Che cosa vuoi fare con quel mattone?".
"Ho voglia di andare a tirarlo sulla testa del mostro che abita la caverna nera. Non abbiamo bisogno di mostri in questo paese".
Samuele raccolse l'altro mattone: "E' vero, non abbiamo bisogno di quel mostro, qui. Aspettami, Tom, vengo con te".
Un contadino appoggiato alla staccionata del suo prato li vide passare: "Dove andate?".
Tommaso spiegò: "Andiamo a buttare questi mattoni sulla testa del mostro che abita lassù, nella caverna nera".
Il contadino disse: "Per me non avrete il coraggio. E poi, come farete a far uscire il mostro dalla caverna? E' sempre rintanato dentro e lo si sente solo starnutire qualche volta".
"Griderò: 'Vieni fuori, mostro!'. Dovrà ben uscire", dichiarò Tommaso.
Il contadino borbottò: "Aspettate un attimo, ho un mattone che mi serve a tener aperta la porta; lo prendo e vengo con voi. Non abbiamo bisogno di mostri qui".
"Dove andate?" chiese la signora Zucchini quando li vide.
"Andiamo a gettare questi mattoni sulla testa del mostro che abita nella caverna nera" rispose Tommaso.
Piano piano si formò una lunga coda di gente con un mattone in mano. Chiudeva la fila il maestro con tutti i bambini della scuola. Il sindaco ordinò che tutti gli abitanti di Dolceacqua prendessero un mattone dal vicino cantiere e si mettessero in marcia per tirarlo sulla testa del mostro che abitava nella caverna nera.
Proprio quel giorno, il mostro aveva deciso di pigrottare un po' di più a letto e di terminare il suo libro preferito, facendo colazione con succo d'arancia e due uova al tegamino.
Improvvisamente sentì un rumore di passi e il vociare di persone che si avvicinavano e pensò: "Finalmente una visita! E' tanto tempo che sono solo!".
Saltò giù dal letto, si mise una camicia pulita e la cravatta, si lavò ben bene anche dietro le orecchie e si pulì i denti con spazzolino e dentifricio. Poi aprì la porta e uscì, salutando tutti con un gran sorriso. Tutti gli abitanti di Dolceacqua si fermarono impietriti: Tommaso, Samuele, il contadino, la signora Zucchini e i suoi sette figli, i vicini, il sindaco, il maestro e i bambini della scuola. Sembravano delle belle statuine.
Il mostro sorrise ancora e li invitò: "Entrate, entrate. Ho appena fatto il caffè". Tutti i suoi denti brillavano, ne aveva tanti e molto appuntiti. Il mostro insisteva: "Entrate, per piacere, sono così contento di vedervi!".
Ma nessuno di loro capì le sue parole. Terrorizzati dalla sua figura, lasciarono cadere i mattoni e se la diedero a gambe, correndo a più non posso.
Nella confusione la piccola Liliana si prese una brutta storta alla caviglia, ma nessuno senti il suo lamento. Erano tutti troppo occupati a fuggire.
Così il mostro si trovò, un po' imbarazzato, a contemplare un mucchio di mattoni e una bambina con i lacrimoni perché aveva male alla caviglia. Corse in casa e prese la valigetta del pronto soccorso e in quattro e quattr'otto fasciò la caviglia con cura e asciugò le lacrime della bambina.
Intanto gli abitanti erano arrivati ansimanti nella piazza centrale. Non ebbero tempo di riprendere fiato. Una voce gridò: "Il mostro ha preso Liliana!".
"Se la mangerà" strillò la signora Zucchini. Ma nessuno riusciva a muoversi.
Un coraggioso finalmente si mise in marcia, ben deciso a liberare la piccola Liliana. Avrebbe affrontato il mostro e non si sarebbe fatto intimorire questa volta, ma quando arrivò, ciò che vide lo lasciò senza fiato: il mostro e Liliana giocavano a dama, ridendo, scherzando e bevendo una cioccolata calda dal profumo delizioso. Ne prese anche lui un paio di tazze.
“Un'altra visita, che giorno fortunato!", disse il mostro. "Meno male, volevo ringraziarvi dello splendido regalo. La caverna è umida e malsana e perciò sono sempre raffreddato. Con i mattoni che mi avete portato mi costruirò una bella casetta. Grazie, davvero, di cuore".
Nei giorni seguenti tutti quanti salirono fino alla caverna per fare conversazione, il mostro era davvero simpatico e ciascuno non se andava senza averlo aiutato a costruire almeno un pezzo della sua nuova casa. In poco tempo fu pronta e da quella nuova casa non si udirono mai i terribili starnuti, ma soltanto le risate della gente che vi andava a trascorrere qualche lieta serata.



Fortezze ma non di pietra
(Testo originale di Bruno Ferrero, A volte basta un raggio di sole)

C'era una volta un sovrano potente. Sapeva che il numero dei giorni che gli restavano come re diminuiva inesorabilmente. Prima o poi anche per lui sarebbe arrivata l'ora di andare in pensione. Ma che cosa sarebbe diventato il suo bel impero, quando sarebbe stato costretto ad abbandonarlo con tutti i nemici che lo circondavano da ogni lato? Che avrebbe potuto fare il giovane principe, quel figlio troppo giovane e inesperto che il sovrano aveva avuto, ahimè, in tarda età? Dove poteva rifugiarsi? Chi lo avrebbe protetto? Chi lo avrebbe aiutato se ve ne fosse stato bisogno? Questi pensieri tormentavano il vecchio re, tanto che un giorno disse al principe: «Figlio mio, io non regnerò più per molto tempo e ignoro ciò che accadrà dopo. Ci sono molti nemici intorno al trono. Ho tanta paura per l'impero che ho costruito e anche per te. Sarei tranquillo se sapessi che hai rifugi sicuri in questo paese, che ti proteggano in caso di pericolo. Per questo ti consiglio di andare per il regno e di costruire queste fortezze in tutti gli angoli possibili, per tutti i confini del paese». Obbediente, il giovane si mise immediatamente in cammino. Percorse tutto il Paese portando con se i migliori costruttori che fosse possibile trovare, vagò per monti e per valli, scegliendo con cura i luoghi più inaccessibili e dove trovava il posto conveniente, faceva costruire grandi fortezze, solide e imponenti.
Le fortezze sorsero nelle profondità delle foreste, nelle valli più nascoste, sulla sommità delle colline, nei deserti, in riva ai fiumi e sui fianchi delle montagne. Ci volle tempo, ma alla fine nessun altro paese poteva vantare fortezze altrettanto ben costruite e sicure.
Quando fu soddisfatto e sicuro di aver fatto quanto di meglio fosse possibile, il giovane ritornò nel palazzo del re suo padre. Stanco, dimagrito, ma soddisfatto d'aver portato a termine il compito, corse a presentarsi da lui.
«Ebbene, figlio mio, com'è andata? Hai fatto ciò che io ti avevo detto?" gli domandò il re.
«Sì, padre», rispose il principe. «In tutto il paese si innalzano fortezze imprendibili: nei deserti, sulle montagne, nel profondo delle foreste». Passò quasi un'ora a narrare lo spessore dei muri, l'ingegnosità degli ingressi, a mostrare mappe di luoghi che il vecchio re non aveva neppure mai visto o sentito, ma il vecchio re, il più potente che la storia abbia mai conosciuto, invece di congratularsi con il figlio per tutti i suoi sforzi, scuoteva la testa come in preda ad un forte dispiacere.
«Non è questo, figlio mio, che avevo in mente io. Devi tornare indietro e ricominciare», disse. «Le fortezze che tu hai costruito non ti proteggeranno assolutamente in caso di pericolo: tu sarai solo e non per quei muri e quelle pietre potrai sfuggire alle imboscate e alle trappole dei tuoi nemici. Tu devi costruirti dei rifugi nel cuore delle persone oneste e buone. Devi cercare queste persone, e guadagnarti la loro amicizia: soltanto allora saprai dove rifugiarti nei momenti difficili. Là dove un uomo ha un amico sincero, là trova un tetto sotto cui ripararsi».
Il principe si rimise in cammino. Non più per i deserti, i dirupi, le foreste selvagge, ma per andare verso la gente, tra loro, per costruire dei rifugi come immaginava suo padre, il vecchio re pieno di saggezza.
Si unì a una carovana di mercanti, senza che nessuno potesse sospettare chi fosse. Non aveva con se nessuna scorta, nessuna carrozza decorata con oro e intarsi preziosi. A volte viaggiava a cavallo, a volte a dorso di cammello. Altre volte ancora a dorso di mulo, ma molto più spesso a piedi. Conquistò dapprima l'amicizia dei suoi compagni di viaggio, poi incontrò genti di ogni provenienza che imparò a conoscere e ad apprezzare, si spostò di paese in paese sforzandosi di lasciare un buon ricordo in chiunque egli avesse la fortuna di incontrare e arrivò sin nel cuore delle grandi città.
Alla fine questo secondo viaggio fu ben più difficile e faticoso del primo, ma tutti questi sforzi e queste fatiche, il principe non li rimpianse mai.
Perché, quando il vecchio sovrano gli cedette il trono, poté farlo serenamente, il principe non aveva più nessun nemico da temere.



La strada che non andava da nessuna parte
(Testo originale di Gianni Rodari)

All’uscita del paese si dividevano tre strade: una andava verso il mare, la seconda verso la città e la terza non andava in nessun posto. Martino lo sapeva perché lo aveva chiesto un po’ a tutti e da tutti aveva ricevuto la stessa risposta: "Quella strada lì? Non va in nessun posto. E’ inutile camminarci"
"E fin dove arriva?" "Non arriva da nessuna parte" "Ma allora perché l’hanno fatta?" "Non l’ha fatta nessuno, è sempre stata lì" "Ma nessuno è mai andato a vedere?" "Sei una bella testa dura: se ti diciamo che non c’è niente da vedere..." "Non potete saperlo se non ci siete mai stati".
Era così ostinato che cominciarono a chiamarlo Martino-Testadura, ma lui non se la prendeva e continuava a pensare alla strada che non andava in nessun posto. Quando fu abbastanza grande, una mattina si alzò per tempo, uscì dal paese e senza esitare imboccò la strada misteriosa e andò sempre avanti. Il fondo era pieno di buche e di erbacce e ben presto cominciarono i boschi. Cammina cammina la strada non finiva mai, a Martino dolevano i piedi e già cominciava a pensare che avrebbe fatto bene a tornarsene indietro quando vide un cane. Il cane gli corse incontro scodinzolando e gli leccò le mani, poi si avviò lungo la strada e ad ogni passo si voltava per controllare se Martino lo seguiva ancora. Finalmente il bosco cominciò a diradarsi e la strada terminò sulla soglia di un grande cancello di ferro. Attraverso le sbarre Martino vide un castello e a un balcone una bellissima signora che salutava con la mano. Spinse il cancello, attraversò il parco e sulla porta trovò la bellissima signora. Era bella, vestita come una principessa e in più era allegra e rideva: "Allora non ci hai creduto" "A che cosa?" "Alla storia della strada che non andava da nessuna parte" "Era troppo stupida e secondo me ci sono più posti che strade" "Certo, basta aver voglia di muoversi. Ora vieni ti farò vedere il castello:" C’erano più di cento saloni zeppi di tesori. C’erano diamanti, pietre preziose, oro, argento e ad ogni momento la bella signora diceva: "Prendi, prendi quello che vuoi... Ti presterò un carretto per portare il peso." Martino non si fece pregare e ripartì col carretto pieno. A cassetta sedeva il cane che era ammaestrato, e sapeva reggere le briglie e abbaiare ai cavalli quando sonnecchiavano ed uscivano di strada. In paese, dove l’avevano già dato per morto, Martino fu accolto con grande sorpresa. Scaricato il tesoro il carro ripartì. Martino fece tanti regali a tutti e dovette raccontare cento volte la sua storia. Ogni volta che finiva qualcuno correva a casa a prendere cavallo e carretto e si precipitava giù per la strada che non andava da nessuna parte. E ogni volta ritornava indietro da un posto sempre diverso. A volte il viaggio di ritorno era ben più difficile del viaggio di andata per la quantità di oggetti che finivano sul carretto, altre volte invece il bottino appariva un po' più misero, ma da quel primo viaggio tutti avevano trovato un tesoro che non aveva nulla di paragonabile.
In verità, la strada che per loro un tempo finiva senza portare da nessuna parte, riservava invece ogni volta un viaggio diverso, una destinazione imprevedibile, ogni volta non potevano sapere quale sorpresa avrebbero trovato, così che non c'era proprio modo di stancarsi nel percorrerla.
Ma come si sa, ci sarà sempre qualcuno che trova un qualche motivo per lamentarsi, e c'è da dire che a questi non si potevano dare neppure tutti torti: trovar prima il coraggio di arrivare in fondo a quella strada sarebbe stato ancor meglio.



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