ghiro ha scritto: |
Non capisco su cosa basi le tue "convinzioni" dal momento che lo scoutismo cattolico è nato e cresciuto con la Santa Messa tridentina (anzi, su 100 anni di storia 60 sono stati vissuti prima della riforma liturgica post-conciliare eh!). E non mi sembra neanche un modo costruttivo di fare coeducazione quello di lasciar decidere così ciecamente tutto ai ragazzi, sopratutto in un tema così delicato come la fede. |
Citazione: |
non mi sembra neanche un modo costruttivo di fare coeducazione |
Citazione: |
Non capisco su cosa basi le tue "convinzioni" dal momento che lo scoutismo cattolico è nato e cresciuto con la Santa Messa tridentina (anzi, su 100 anni di storia 60 sono stati vissuti prima della riforma liturgica post-conciliare eh!). E non mi sembra neanche un modo costruttivo di fare coeducazione quello di lasciar decidere così ciecamente tutto ai ragazzi, sopratutto in un tema così delicato come la fede |
BOBOMAN ha scritto: | ||
Beh le mie convinzioni sono basate sull'esperienza personale,sull'aver avuto esperienza sul campo,sull'aver fatto un "pochino" di Scoutismo che anche se la maggior parte non di matrice cattolica contemplava un aspetto religioso liturgico,sul conoscere "benino" il Mertodo (quello di Gilwell ergo B.-P.)sull'osservare ed ascoltare i ragazzi.....sull'avere 4 figli....quest'ultima aiuta un pochino ![]() ![]() Sui 100 anni possiam ricalcolare un po e sviluppare il discorso. Sia sul piano della Riforma Liturgica.....che parte comunque da lontano,per mettere una forte base nel '48 ....tieni conto che il concilio di Trento ben poco cambio/innovo' nella Liturgia quindi un forte bisogno di cambiamento era sentito da tutte le parti e SOPRATTUTTO DAI GIOVANI,i giovani fecero molto,diedero un enorme contributo al necessario cambiamento. Sia sui calcoli riguardanti lo Scoutismo Italiano e Cattolico in specie. La Riforma Liturgica fu inoltre approvata da Oltre 2000 Vescovi solo 4 votarono contro. Vorrei inoltre sottolineare che l'AUTOEDUCAZIONE non é anarchia......certo bisognerebbe applicare il Metodo quello "buono" ![]() E poi i ragazzi non decidono ciecamente,se i presupposti Metodologici sono stati impostati "comme il faut" DECIDONO CON LA TESTA.......LA LORO e attenzione.......possono anche decidere di seguire la Tridentina....non lo escludo....ne dubito ![]() |
francesco.c ha scritto: |
cominciamo dall'inizio ?
cosa intendiamo con il termine buon AE ? quale il ruolo del capo Riparto nel guidare i propri ragazzi nelle tematiche delicate ? Temo che la Fede di qualcun altro non sia un qualcosa sulla quale noi si possa metter mano direttamente, ammesso sia giusto ipotizzare di farlo, possiamo però contribuire affinchè essa si sviluppi in Libertà. Identificare con precisione il ruolo di ciascuno penso possa essere un buon primo passo per affrontare un tale argomento. Il resto verrà da se... |
Codice di diritto canonico ha scritto: |
CAPITOLO I
IL ROMANO PONTEFICE E IL COLLEGIO DEI VESCOVI Can. 330 - Come, per volontà del Signore, san Pietro e gli altri Apostoli costituiscono un unico Collegio, per analoga ragione il Romano Pontefice, successore di Pietro, ed i Vescovi, successori degli Apostoli, sono tra di loro congiunti. |
Motu proprio: Summorum Pontificum ha scritto: |
Art. 1. Il Messale Romano promulgato da Paolo VI è la espressione ordinaria della “lex orandi” (“legge della preghiera”) della Chiesa cattolica di rito latino. Tuttavia il Messale Romano promulgato da S. Pio V e nuovamente edito dal B. Giovanni XXIII deve venir considerato come espressione straordinaria della stessa “lex orandi” e deve essere tenuto nel debito onore per il suo uso venerabile e antico. Queste due espressioni della “lex orandi” della Chiesa non porteranno in alcun modo a una divisione nella “lex credendi” (“legge della fede”) della Chiesa; sono infatti due usi dell’unico rito romano. |
frageorges ha scritto: | ||||
Anche se sono assolutamente favorevole a lasciare a tutti la libertà di celebrare secondo il rito che più aggrada, trovo tuttavia che gli ambienti in cui si esalta il rito pre-conciliare siano sempre un po' faziosi e pronti a distorcere certe verità. Ad esempio: Il Codice di Diritto Canonico, seguendo l'impostazione del Concilio Vaticano II, ha voluto mettere l'accento sull'equilibrio tra Papa e Collegio episcopale: la parola del Papa non vale più di quella del Collegio episcopale, come quella del Collegio episcopale non vale più di quella del Papa. Del resto il Collegio episcopale è l'insieme dei vescovi in comunione con il Pontefice. Entrambi hanno quella che si dice una "potestà suprema e piena". C'è dietro un'idea di comunione e non di maggiore o minore "potere". |
frageorges ha scritto: |
Poi, i due riti (pre- e post-conciliare) non sono affatto sullo stesso piano. La forma ordinaria è quella postconciliare, il rito più antico "deve venir considerato come espressione straordinaria...". Mi chiedo: e se in una comunità (fosse anche un reparto) questa diventa forma ordinaria, consueta della celebrazione? Non si starebbe abusando della facoltà concessa dal Papa?
Poi, l'attuale Pontefice non ha affatto corretto il tiro della riforma post-conciliare, tant'è che continua a celebrare nella forma ordinaria della Messa. Non mi pare di aver mai visto il Papa celebrare con il rito pre-conciliare... ma sicuramente mi sono distratto. Poi, la forma ordinaria della Messa non è banalmente opera di liturgisti post-conciliari, ma è stata approvata e promulgata da niente meno che un Pontefice: Paolo VI. Ovviamente questi sono solo puntini sulle "i". Tuttavia mi risulta fastidioso il sottile trasformare la realtà a vantaggio della propria ideologia (per quanto animata da santo zelo). Se io volessi celebrare secondo il rito antico mi limiterei a dire che è lecito farlo e che per me è fruttuoso. Ma tutta questa esaltazione e contrapposizione con la forma ordinaria, che (si legge tra le righe) non sarebbe degna della Messa, mi sembrano assolutamente fuori luogo. Un punto a favore dei "fans" del rito pre-conciliare: si interessano a fondo del valore e del significato dei gesti liturgici dell'antico rito e della "lex credendi" che vogliono esprimere. Peccato però, che questo non lo fanno per il rito post-conciliare. Vogliamo fare un esempio? Viene spesso posto l'accento (mi pare anche in questo thread) su ciò che il celebrare "coram populo" non riesce ad esprimere. Mai ho sentito nominare ciò che invece il "coram Deo" non riesce ad esprimere (che è poi la motivazione della scelta liturgica fatta). La liturgia post-conciliare è altrettanto ricca di quella pre-conciliare. Per esperienza devo però dire che è molto più complessa da attuare e richiede molta più fatica al sacerdote e alla comunità celebrante. |
ghiro ha scritto: |
Non lo metto in dubbio, seppur non con i termini con cui tu interpreti il Codice, che mi sembra richiamino più una sorta di sinodalità senza tener conto della gerarchia. |
Citazione: |
Perdonami, magari è solo una mia impressione, ma da qui si evince un tuo atteggiamento un pò 'partitico' alla questione |
gufopreciso ha scritto: | ||
Guarda che le parole di frageorges si riferiscono credo alla tua espressione per la quale "la parola di un papa vale più di quella di un concilio". |
Codice di Diritto Canonico ha scritto: |
Can. 331 - Il Vescovo della Chiesa di Roma, in cui permane l'ufficio concesso dal Signore singolarmente a Pietro, primo degli Apostoli, e che deve essere trasmesso ai suoi successori, è capo del Collegio dei Vescovi, Vicario di Cristo e Pastore qui in terra della Chiesa universale; egli perciò, in forza del suo ufficio, ha potestà ordinaria suprema, piena, immediata e universale sulla Chiesa, potestà che può sempre esercitare liberamente.
Can. 333 - §1. Il Romano Pontefice, in forza del suo ufficio, ha potestà non solo sulla Chiesa universale, ma ottiene anche il primato della potestà ordinaria su tutte le Chiese particolari e i loro raggruppamenti; con tale primato viene contemporaneamente rafforzata e garantita la potestà propria, ordinaria e immediata che i Vescovi hanno sulle Chiese particolari affidate alla loro cura. §2. Il Romano Pontefice, nell'adempimento dell'ufficio di supremo Pastore della Chiesa, è sempre congiunto nella comunione con gli altri Vescovi e anzi con tutta la Chiesa; tuttavia egli ha il diritto di determinare, secondo le necessità della Chiesa, il modo, sia personale sia collegiale, di esercitare tale ufficio. §3. Non si dà appello né ricorso contro la sentenza o il decreto del Romano Pontefice. |
gufopreciso ha scritto: | ||
Perdonami, ma a me sembra che quello con un atteggiamento un pò partitico sia tu. Condivido frageorges nel dire che per entrambe le modalità esistono aspetti positivi e negativi ed è appunto "partitico" come dici tu evidenziare solo i positivi di uno e i negativi dell'altro... |
ghiro ha scritto: |
- davvero l’attiva partecipazione è la verbosità di formule stanche (che neanche mancavano nel rito tridentino, se pur in misura minore)? - davvero l’attiva partecipazione è quella di chi, quando in alcuni prefazi, si dice “per Cristo nostro Signore”, risponde meccanicamente “amen”? - davvero l’attiva partecipazione è recitare tutti insieme – come all’asilo – la colletta o l’epiclesi, confondendo il sacerdozio ministeriale con quello comune? - davvero l’attiva partecipazione è passare dall’altare alle chitarre per animare la celebrazione (come nei villaggi turistici?!?)? - davvero l’attiva partecipazione è quella del ragazzo che, durante la liturgia della Parola, sghignazza con il compagno… di banco? - davvero l’attiva partecipazione è quella di chi fa a gomitate con l’altro per portare le offerte all’altare? - davvero l’attiva partecipazione è quella di chi declama letture che neanche capisce e mai ha visto prima? - davvero l’attiva partecipazione è dimenticarci che il Signore è realmente sull’altare e collezionare quante più strette di mano possibile? - davvero l’attiva partecipazione è sentire tante parole, le solite parole, con la solita lingua, con i soliti ritmi, le solite chitarre, la solita musica… in cui si cerca Dio e si trova ancora l’uomo (il solito uomo)? Forse, infatti, ma è un mio modestissimo parere, partecipa più 'attivamente alla S.Messa: - la persona che medita i misteri dolorosi mentre si rinnova il Sacrifico della Croce - il bambino che è richiamato dalla campanella all’elevazione, ed è incuriosito da tutte quelle genuflessioni (“forse che sia qualcosa di importante? qualcosa di più un semplice raccontino?”) - chi, ancora, recita nell’intimo le sue preghiere adorando, riparando, propiziando ed impetrando; - chi non capisce quello che si dice, ma sa quello che succede (e oggi? si sa quello che succede? Questa è la vera conoscenza; la sintassi e la grammatica non salvano…) - chi sa che oltre la balaustra non c’è il “caos” del mondo, ma il “cosmo” di Dio - chi sta lì a guardare, senza farsi troppe domande, ma senza fare neanche troppe storie quando c’è da inginocchiarsi… |