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Comunque vadano le cose, anche se quel capo dovesse fare una scelta non pienamente coerente con la fedeltà al suo matrimonio, non va lasciato solo ma va accompagnato con discrezione e comprensione perché probabilmente sta vivendo una vicenda carica di sofferenza e di insicurezza. Naturalmente, di fronte a una scelta in sostanziale contrasto con il Vangelo, ci si dovrà anche interrogare sulla compatibilità di quella scelta con il servizio educativo in AGESCI. In questo caso preferirei che la Comunità Capi non fosse tanto la titolare della decisione – quasi si sentisse chiamata ad emettere una sentenza – quanto piuttosto il luogo del dibattito e della condivisione della responsabilità sia verso il singolo capo che verso i ragazzi. La Comunità Capi è l’ambiente nel quale il capo – trovandosi in questa situazione – può trovare fratelli e sorelle disponibili a condividere, con franchezza e comprensione, delle riflessioni che lo aiutino a prendere lui stesso responsabilmente una decisione nella linea di una doverosa sospensione o interruzione del servizio educativo diretto e/o della responsabilità associativa a livello di quadro o comunque in servizi che comportino la rappresentanza ufficiale dell’Associazione: sapendo che, anche qualora decidesse di sospendere i servizi suddetti, egli non perderebbe la stima, il sostegno e il riferimento costante degli altri capi. |
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E le Comunità Capi che prima che a educare al cattoloicesimo educano allo scoutismo. |
uomodelbosco ha scritto: | ||
Quoto! Domanda trabocchetto: Un Capo che convive e ha figli, in modo in tutto e per tutto come se fosse sposato ma non lo è perchè non gli è possibile...che fareste? |