stambeccosincero ha scritto: |
Capo Squadriglia o Capo Muta non cambia molto se guardiamo la questione dal punto di vista del ragazzo; cambierà il livello di responsabilità cui fare riferimento ma per il giovane sarà sempre avere la guida del gruppo di esploratori o di lupetti che dovranno avere lui come riferimento, e non altri.
Spero poi di non aver urtato la tua suscettibilità nel definirti, con tanto affetto, vecchietta, (e comunque te ne chiedo scusa) ma come puoi leggera nella mia, avevo aggiunto "come me", perchè anch'io mi definisco tale soprattutto se rapportato all'età media dei C.R.: mi rendo infatti sempre più conto che di over 40 siamo veramente pochi nello scoutismo e questo, a volte, mi crea una leggera apprensione se penso che la maggioranza dei CR, raggiunti i 35/40 anni lascia l'attività, facendo così cadere nel vuoto quel bagaglio di capacità, di esperienze che nessun Campo di Formazione potrà mai ridarti. E poi non credo che avrai mai pensieri chiusi, che ti passi la voglia di giocare e di sorridere alla vita. Non ora. Non più. |
stambeccosincero ha scritto: |
Non siamo psicologi o simili, in grado di rilevare in prima battuta le difficolta che un ragazzo può nascondere o di valutare immediatamente le sue capacità. |
stambeccosincero ha scritto: |
Non dimentichiamo mai però, se mi consentite, l'umiltà nell'avvicinarci agli altri (non necessariamente scout): se c'è la necessità di aiutare un non vedente sono io che devo guidarlo, non è lui che deve seguirmi; se mi affianco a un sordo-muto, sono io che devo imparare a farmi comprendere da lui, non devo aspettare che lui si faccia capire da me, se nel mio reparto arriva un ragazzo con un qualsiasi problema (fisico, esistenziale, etc.) sono io che devo capirlo ed aiutarlo, senza aspettare che si esprima lui in questo senso. Ecco quindi che riemerge la amata/odiata "collaborazione" con genitori ed insegnanti, ma soprattutto con i primi, con i quali andrebbe intessuta una rete di dialogo che purtroppo, lo ammetto, non sempre si riesce ad instaurare. E non sempre possiamo attribuire la responsabilità di questo mancato dialogo ai genitori. A prescindere da qualunque discorso, penso che nessuno possa dirsi a priori in grado di poter esprimere un corretto giudizio senza dover prima considerare che ogni ragazzo è un'isola a sè, diverso dagli altri per una infinita serie di sfaccettature che non basterebbe una vita per valutarle tutte: quindi cerchiamo di operare basandoci sul dialogo con i genitori e gli insegnanti, le nostre esperienze, le nostre sensazioni, e facendo, come al solito, del nostro meglio. |