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Triste ma Vero: i capi si estinguono e si vede
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actaris



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MessaggioInviato: Lunedì 22 Settembre 2008, 13:20    Oggetto: Triste ma Vero: i capi si estinguono e si vede Rispondi citando

Riporto dall'home page della Stampa di oggi un articolo di Galeazzi e Quesitonio:

Scout, il branco resta senza capi

Allarme dei cattolici dell’Agesci: calano le “vocazioni” degli educatori
GIACOMO GALEAZZI, PIER FRANCESCO QUESITONIO
ROMA
Crisi di vocazioni tra i capi scout: l’associazione cattolica Agesci perde i suo i «quadri». A Torino chiude un gruppo scout all’anno. Un’emergenza condivisa su scala nazionale dal movimento che sta soffrendo un po’ ovunque per un netto calo di adesioni alla classe dirigente dello scautismo. L’impegno richiesto ai capi educatori è faticoso. Lontano dalla mondanità, costante e quotidiano e troppo spesso non conciliabile con il lavoro e la vita privata. Se a 21 anni, in media, i ragazzi concludono il loro percorso formativo nello scautismo e scelgono di cominciare quello da educatori scout, a 24 in molti decidono di abbandonare del tutto. Travolti da nuove esperienze, studi all’estero, soprattutto, e svaghi di ogni tipo, e dal mondo del lavoro più difficile da gestire e progettare rispetto ad alcuni anni fa. Emblematico il caso torinese. I numeri parlano, a Torino, di nove gruppi chiusi dal 1998 al 2008. Tre sono spariti, e assorbiti da altri gruppi dello stesso quartiere, mentre gli altri sei si sono fusi, creandone tre nuovi. Dei 30 gruppi del 1998, ne sono rimasti 24. E’ sceso anche il numero dei ragazzi censiti nei gruppi che da 3100 del 1998 è passato a 2500, di cui 360 capi educatori. Le «zone», ovvero le sovrastrutture associative che comprendono i gruppi scout, fino al 1995 erano quattro.
Una per ogni punto cardinale, e raccoglievano anche tre gruppi dell’hinterland. Nel ‘98 sono state unificate nella Zona Metropolitana. «Occuparsi di ragazzi più giovani è un impegno gravoso che richiede una convinzione forte - osserva il “patrono” dello scautismo in Curia, il vescovo torinese Renato Boccardo, 54 anni, segretario generale del Governatorato vaticano, assistente religioso di campeggi degli scout, soprattutto sui monti di Quibolar, vicino Bardonecchia -. Nell’odierna società individualista e deresponsabilizzante cresce la titubanza e l’esitazione di fronte all’impegno di farsi carico dell’educazione degli altri. Così magari si preferisce la pizza con gli amici ai due, tre incontri settimanali all’Agesci». A fare concorrenza non sono solo gli impegni di studio, lavoro, famiglia ma anche le esperienze formative all’estero come l’Erasmus. «Sono formule più finalizzate al singolo, mentre il capo scout impara a stare con gli altri, aiuta a crescere mentre cresce lui stesso - precisa il vescovo Boccardo -. Questa interazione ricompensa dei sacrifici e educa al senso di responsabilità, alla generosità, alla gratuità, ai valori dimenticati. La “crisi vocazionale” è dovuta al timore delle responsabilità verso i più giovani e all’impegno nella comunità capi». E proprio la mancanza di vocazioni per svolgere «il mestiere del capo» come lo chiamava, non a caso, il fondatore Robert Baden Powell, a preoccupare. La contromossa adesso è fare di necessità virtù», secondo il principio «meno capi, ma più bravi». «La flessione di questi anni - afferma Federico Savia, responsabile della Zona metropolitana - è figlia di una crisi generale dell’associazionismo e si spiega soltanto in parte con la chiusura dei gruppi. Le richieste di ingresso dei ragazzi nei gruppi aumentano tutti gli anni». Ci sono alcuni gruppi scout che hanno liste di attesa lunghe anni. I genitori iscrivono i loro figli nel «branco» a tre anni per sperare di avere un posto quando il pargolo compirà l’età minima, 8 anni. «Fare il capo educatore scout è impegnativo - continua Savia - è una scelta di sacrificio. Lo scautismo non è superficiale, occorre dedicare tempo per la progettazione del lavoro con i ragazzi, per seguire la loro crescita, per mantenere costanti i rapporti con le famiglie».
Una proposta che a Torino lo scautismo vuole offrire concretamente alla città attraverso un maxi-progetto con il comune. La realizzazione di un’area verde attrezzata, intitolata a Baden Powell e gestita dagli scout, da utilizzare come spazio di incontro e di attività. Un’area, adiacente al futuro Parco Dora, sulle sponde del fiume all’altezza dell’ospedale Amedeo di Savoia, dove sarà anche autorizzato il campeggio e potrebbe diventare una delle tappe della futura via Francigena, in attesa dell’ostensione della Sindone. Se ne parlerà giovedì in consiglio comunale. E’ torinese anche la presidente del comitato nazionale dell’Agesci, Paola Stroppiana, medico del Mauriziano. «La situazione di Torino è simile a quella delle grandi città italiane - ammette - mentre nelle province e nel Centro Sud la situazione è decisamente migliore. A livello nazionale ci sono 180 mila censiti: il numero dei capi, purtroppo tende a diminuire».
La crisi di vocazioni è evidente. «L’associazione chiede che i capi educatori abbiano concluso i due campi scuola del loro iter di formazione e certamente gli impegni per un educatore scout sono notevoli. Numerose riunioni settimanali, la rinuncia alle proprie ferie per andare ai campi estivi, garantire disponibilità e continuità almeno annuale. Questo spaventa - puntualizza -. E’ impopolare oggi, impegnarsi per gli altri. Lo scautismo fa scoprire che la felicità è fare la felicità degli altri».



Che ne dite?
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rinoceronte caparbio
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MessaggioInviato: Lunedì 22 Settembre 2008, 13:35    Oggetto: Rispondi citando

che è molto vero.
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aureliano



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MessaggioInviato: Mercoledì 24 Settembre 2008, 01:48    Oggetto: Re: Triste ma Vero: i capi si estinguono e si vede Rispondi citando

Non mi convince molto come analisi...

actaris ha scritto:
Riporto dall'home page della Stampa di oggi un articolo di Galeazzi e Quesitonio:

Scout, il branco resta senza capi

Allarme dei cattolici dell’Agesci: calano le “vocazioni” degli educatori
GIACOMO GALEAZZI, PIER FRANCESCO QUESITONIO
ROMA
Crisi di vocazioni tra i capi scout: l’associazione cattolica Agesci perde i suo i «quadri». A Torino chiude un gruppo scout all’anno. Un’emergenza condivisa su scala nazionale dal movimento che sta soffrendo un po’ ovunque per un netto calo di adesioni alla classe dirigente dello scautismo. L’impegno richiesto ai capi educatori è faticoso. Lontano dalla mondanità, costante e quotidiano e troppo spesso non conciliabile con il lavoro e la vita privata. Se a 21 anni, in media, i ragazzi concludono il loro percorso formativo nello scautismo e scelgono di cominciare quello da educatori scout, a 24 in molti decidono di abbandonare del tutto. Travolti da nuove esperienze, studi all’estero, soprattutto, e svaghi di ogni tipo, e dal mondo del lavoro più difficile da gestire e progettare rispetto ad alcuni anni fa. Emblematico il caso torinese. I numeri parlano, a Torino, di nove gruppi chiusi dal 1998 al 2008. Tre sono spariti, e assorbiti da altri gruppi dello stesso quartiere, mentre gli altri sei si sono fusi, creandone tre nuovi. Dei 30 gruppi del 1998, ne sono rimasti 24. E’ sceso anche il numero dei ragazzi censiti nei gruppi che da 3100 del 1998 è passato a 2500, di cui 360 capi educatori. Le «zone», ovvero le sovrastrutture associative che comprendono i gruppi scout, fino al 1995 erano quattro.
Una per ogni punto cardinale, e raccoglievano anche tre gruppi dell’hinterland. Nel ‘98 sono state unificate nella Zona Metropolitana. «Occuparsi di ragazzi più giovani è un impegno gravoso che richiede una convinzione forte - osserva il “patrono” dello scautismo in Curia, il vescovo torinese Renato Boccardo, 54 anni, segretario generale del Governatorato vaticano, assistente religioso di campeggi degli scout, soprattutto sui monti di Quibolar, vicino Bardonecchia -. Nell’odierna società individualista e deresponsabilizzante cresce la titubanza e l’esitazione di fronte all’impegno di farsi carico dell’educazione degli altri. Così magari si preferisce la pizza con gli amici ai due, tre incontri settimanali all’Agesci». A fare concorrenza non sono solo gli impegni di studio, lavoro, famiglia ma anche le esperienze formative all’estero come l’Erasmus. «Sono formule più finalizzate al singolo, mentre il capo scout impara a stare con gli altri, aiuta a crescere mentre cresce lui stesso - precisa il vescovo Boccardo -. Questa interazione ricompensa dei sacrifici e educa al senso di responsabilità, alla generosità, alla gratuità, ai valori dimenticati. La “crisi vocazionale” è dovuta al timore delle responsabilità verso i più giovani e all’impegno nella comunità capi». E proprio la mancanza di vocazioni per svolgere «il mestiere del capo» come lo chiamava, non a caso, il fondatore Robert Baden Powell, a preoccupare. La contromossa adesso è fare di necessità virtù», secondo il principio «meno capi, ma più bravi». «La flessione di questi anni - afferma Federico Savia, responsabile della Zona metropolitana - è figlia di una crisi generale dell’associazionismo e si spiega soltanto in parte con la chiusura dei gruppi. Le richieste di ingresso dei ragazzi nei gruppi aumentano tutti gli anni». Ci sono alcuni gruppi scout che hanno liste di attesa lunghe anni. I genitori iscrivono i loro figli nel «branco» a tre anni per sperare di avere un posto quando il pargolo compirà l’età minima, 8 anni. «Fare il capo educatore scout è impegnativo - continua Savia - è una scelta di sacrificio. Lo scautismo non è superficiale, occorre dedicare tempo per la progettazione del lavoro con i ragazzi, per seguire la loro crescita, per mantenere costanti i rapporti con le famiglie».
Una proposta che a Torino lo scautismo vuole offrire concretamente alla città attraverso un maxi-progetto con il comune. La realizzazione di un’area verde attrezzata, intitolata a Baden Powell e gestita dagli scout, da utilizzare come spazio di incontro e di attività. Un’area, adiacente al futuro Parco Dora, sulle sponde del fiume all’altezza dell’ospedale Amedeo di Savoia, dove sarà anche autorizzato il campeggio e potrebbe diventare una delle tappe della futura via Francigena, in attesa dell’ostensione della Sindone. Se ne parlerà giovedì in consiglio comunale. E’ torinese anche la presidente del comitato nazionale dell’Agesci, Paola Stroppiana, medico del Mauriziano. «La situazione di Torino è simile a quella delle grandi città italiane - ammette - mentre nelle province e nel Centro Sud la situazione è decisamente migliore. A livello nazionale ci sono 180 mila censiti: il numero dei capi, purtroppo tende a diminuire».
La crisi di vocazioni è evidente. «L’associazione chiede che i capi educatori abbiano concluso i due campi scuola del loro iter di formazione e certamente gli impegni per un educatore scout sono notevoli. Numerose riunioni settimanali, la rinuncia alle proprie ferie per andare ai campi estivi, garantire disponibilità e continuità almeno annuale. Questo spaventa - puntualizza -. E’ impopolare oggi, impegnarsi per gli altri. Lo scautismo fa scoprire che la felicità è fare la felicità degli altri».
Che ne dite?


A parte che dare quest'enorme importanza all'Erasmus come causa di mortalità dei capi mi sembra esagerato, in fine dei conti si tratta di un'esperienza di pochi mesi (tanti capi conosciuti hanno sospeso il servizio per quei 6-9 mesi e poi sono rientrati). Crisi dell'associazionismo? Negli ultimi anni le associazioni sono aumentate notevolmente...e ridurre lo scautismo solo ad una forma di associazionismo è decisamente limitato.
Poco tempo...sicuramente sì rispetto ad una volta.
Che sia impopolare impegnarsi per gli altri credo non sia una novità del giorno d'oggi; forse però una volta c'erano meno scout, ergo i capi erano veramente gente che si sbatteva..oggi una crescita quantitativa di scout non corrisponde ad una crescita qualitativa (soprattutto fra i capi).

Credo anche che si tenda a dare molta meno autonomia ai ragazzi e quindi si "perde" più tempo a fare cose che non servirebbe fare. Invce che fare riunione di reparto tutte le settimana si potrebbe lasciare più tempo per riunioni ed uscite di sq, invece che organizzare le riunioni di reparto a staff si dovrebbe lasciarle in mano ai ragazzi, invece che fare strani cammini psicologici/catechistici di CoCa si potrebbero fare meno riunioni con essa (poi, se qualcuno vuole intraprendere cammini vari, libero di farlo nel suo tempo...). Si risparmierebbero molto meno tempo ed energie.
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newlucio





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MessaggioInviato: Mercoledì 24 Settembre 2008, 09:03    Oggetto: Rispondi citando

credo, per esperienza personale, che sicuramente oggi sia molto piu difficile dare disponibilità per n-anni..
io ho avuto due capi riparto - uno per 4 anni e l'ultimo anno è cambiato. oggi, tra laurea triennale e quindi possibilità di master in un'altra città, o lavoro del tutto, è piu difficile che un ragazzo di 22 anni si assuma una responsabilità del genere...

se sei un ragazzo del sud è probabile che andrai a studiare fuori e questo fa si che la tua disponbilità come capo in quella città sia di almeno 3 anni, ma al termine della laurea...

concordo sul fatto che si fanno duemila inutili riunioni psico-patiche organizzate dalla zona, dalla regione, che poi alla fine fanno impazzire i capi... faccio il capo scout per stare con i ragazzi, non per sorbirmi l'ennesimo inutile sermone di turno di una psicologa o altro..

lucio
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Raffaele



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MessaggioInviato: Mercoledì 24 Settembre 2008, 09:21    Oggetto: verità? Rispondi citando

Sono d'accordo sia con l'articolo che parla di una situazione tipica delle grandi città e sono d'accordo con Aureliano che chiede più spazio e più autonomia per le squadriglie e per i ragazzi.
Parlo della mia esperienza personale, in passato, quando ero ragazzo, avevamo pochi capi volenterosi e non sempre presenti e senza iter di formazione capi... Ci vedevamo quasi tutti i giorni in sede e tutte le domeniche c'era uscita di squadriglia di mezza giornata. Eravamo veramente la "banda" di BP. Oggi se i capi non sono brevettati oppure se non sono in cammino nel loro iter, difficilmente possono ricoprire l'incarico di capo unità. Inoltre si è più attenti al linguaggio, alla sicurezza, a trovare sempre i bagni o strutture adeguate anche per i campi di reparto (?), alla pedagogia, all'attenzione al ragazzo,... l'allegra "banda" è diventata un qualcosa da tenere sempre sotto controllo e difficilmente mandiamo i ragazzi da soli in uscita. Cosa sta succedendo? Stiamo diventando sempre più genitori possessivi nei riguardi dei nostri "figli"?
La mia Co.Ca. censisce regolarmente 30 capi e ha 5 unità... in ogni staff c'è una marea di adulti, per non parlare dei capi a disposizione... ma i "manovali dello scautismo" sono sempre gli stessi. E allora? perchè chiamarli tutti capi? In un reparto che si rispetti bastano un capo, una capo e un aiuto, il resto lo fanno i ragazzi e la cogestione è appannaggio del Consiglio Capi. E tutti gli altri adulti? Fungono da logisti o tecnici in alcune attività. Sostanzialmente non ci dovrebbero essere problemi e la cosa anzi sembrerebbe positiva, invece tanti adulti che si alternano e che dicono comunque la loro... quando ci sono... non rendono chiara la proposta metodologica ai ragazzi che disorientati non sanno a chi capo rivolgersi. Mi è capitato quest'estate al campo estivo... siamo andati in paese per partecipare alla S.Messa e poco prima della Messa, 10 minuti prima, vedo sgattaiolare dal gruppo un caposquadriglia e due esploratori che si infilano in un bar e acquistano tre gelati. Enro nel bar e chiedo il motivo di questo arbitrio illogico visto che eravamo in procinto di entrare in chiesa e che all'esterno c'era tutto un reparto che aspettava, quando poi il gelato potevo acquistarlo io per tutti a fine Messa con la cassa del campo. Mi hanno risposto candidamente che avevano chiesto il permesso al capo "Tizio" che aveva dato il suo consenso. Ma il capo "Tizio" era venuto al campo a trovarci e si era fermato con noi solo due giorni e i ragazzi sapevano che io avrei detto di no subito.
Nel reparto i capi devono essere autorevoli, carismatici e poco numerosi perchè la proposta sia univoca sempre e la crescita e il dialogo con i ragazzi sia completo nel Consiglio della legge e nel consiglio Capi... Tante riunioni di staff sacrificano i rapporti con i ragazzi.
Quando poi si chiede a questo numero enorme di capi a disposizione di prendersi le proprie responsabilità e aprire un altro branco o reparto in un'altra parrocchia ecco che saltano fuori i tanti impegni di lavoro e familiari e piuttosto che vivacchiare in una Co.Ca. numerosa si cede il passo e si va via.
Non so se sono andato fuori tema...
Raffaele
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paciock87



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MessaggioInviato: Mercoledì 24 Settembre 2008, 10:08    Oggetto: Rispondi citando

Per fortuna noi non abbiamo il problema di raffaele natale, cioè dei duecentomila capi a disposizione, che subentrano a metà campo o a metà anno, come fanno altri gruppi... Da noi si entra solo all'inizio ed è tradizione ormai consolidata, pronta ad eccezzioni, ma è così da sempre, per tutti... E non esiste la figura del "Capo a disposizione"...

Per quanto riguarda i capi erasmus ei lavori fuori, da noi è una realtà vera... Capi che fanno spola con Milano, capi in erasmus, capi che studiano fuori, capi che ogni anno gli rinnovano il contratto e non sanno mai come continuerà il loro futuro a lavorativo... La precarietà anche influisce sulla disponibilità dei capi...

Invece sul fatto che prima era diverso, prima era tutto più semplice, ma mi spiace dire che i tempi erano diversi... Le leggi erano meno restrittive ei genitori erano meno restrittivi, era tutto più tranquillo... A me me ne frega poco che BP diceva quello, che sarebbe più educativo quell'altro, io, come Capo, devo essere sicuro di fare un servizio sereno, cioè un servizio dove ogni giorno non rischio la galera...
Faccio un esempio: prima, almeno dai racconti di mio padre e di vecchi capi, si facevano molte riunioni di squadriglia senza Capi in sede, senza neanche avvisarli, molti gruppi tutt'ora lo fanno, ma ora questo non è più fattibile... Perchè se un ragazzo si fa male ed io non c'ero la colpa me la becco io suo Capo, il prete in quanto responsabile dei locali e tutta la Coca... Noi ci dobbiamo tutelare...
L'iter formativo è necessario per un'associazione da 180mila iscritti che deve salvaguardarsi dagli "imbecilli", cosa tra l'altro non del tutto funzionante, visto che in giro ne è pieno lo stesso...
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chiurlox





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MessaggioInviato: Mercoledì 24 Settembre 2008, 10:45    Oggetto: Rispondi citando

Sono pienamente d'accordo con Raffaele e con Aureliano.
1 Vera autonomia delle sq.
2 C.R. Unico coadiuvato da 1-max due aiuti.
3 Uscite di sq. all'aperto
4 Curare meglio l'alta sq. facendo uscite e attività impegnative
5 Ridurre le uscite di riparto lasciando spazio e tempo alle riunioni di sq. ed alle uscite
6 poi (opinione personale) unità monosessuate
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rinoceronte caparbio
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MessaggioInviato: Mercoledì 24 Settembre 2008, 12:46    Oggetto: Rispondi citando

b'è, se tu capo (impersonale) vai alle riunioni di squadriglia, oltre a darti dell'idiota, ti dico che sbagli proprio metodologicamente.
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Raffaele



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MessaggioInviato: Mercoledì 24 Settembre 2008, 13:53    Oggetto: duecentomila capi? Rispondi citando

Vorrei chiarire (a Paciock87 in particolare), che non ci sono duecentomila capi nella mia Co.Ca. che si alternano al campo e a metà anno. Esistono da noi staff nutrite in cui due sono i capi canonici che assicurano la continuità non solo nell'arco dell'anno ma anche durante le attività estive e sempre. Ci sono poi capi a disposizione e aiuti che hanno meno tempo a disposizione e ci sono quando possono sia durante l'anno che al campo. Quello che dico io è che possiamo utilizzare queste risorse al meglio ma il rischio è disorientare il ragazzo perchè potrebbe approfittare di capi o adulti che dir si voglia più accondiscendenti dei soliti capi costituenti la diarchia. In altri termini io e mia moglie siamo i capi reparto e quando diamo disponibilità lo diamo per un minimo di tre anni, gli altri adulti, se ci sono, li coinvolgiamo altrimenti facciamo da soli senza problemi.
Il problema reale è censire tanta gente di cui puoi fare poco affidamento col rischio comunque di non aprire unità l'anno successivo perchè sono oberati da tanti impegni... ma nel Masci non vogliono andarci ed il Capo Gruppo si ostina a considerarli in Co.Ca. sperando in disponibilità maggiori in futuro.
Inoltre la nostra Co.Ca. è molto anziana, nel senso che avere 45 anni significa essere uno dei più giovani... le nuove leve frequentano università al Nord e rimpinguano le Co.Ca. di Milano, Bologna, Roma e altre grandi città universitarie. I nostri "decani" hanno tutti problemi di salute, non possono fare i Capi Clan altrimenti non si fa la route però vogliono essere considerati e vogliono far parte della Grande Famiglia...
Buona Caccia
Raffaele
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actaris



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MessaggioInviato: Mercoledì 24 Settembre 2008, 15:50    Oggetto: Rispondi citando

Raffaele Natale ha scritto:

Inoltre la nostra Co.Ca. è molto anziana, nel senso che avere 45 anni significa essere uno dei più giovani...


Oh, io non ho ancora manco 34,5 anni..... Laughing Laughing Laughing

( siamo nello stesso Gruppo )

Tornando In Topic, le problematiche sono tante ma sono per lo più autoinflitte. Il mio Capo Reparto lo vedevo solo il sabato e tutti i mesi c'erano almeno 2 uscite. Per prendere la seconda tappa ho fatto un hyke di 15 km, ora con il Clan stiamo festeggiando in staff perchè siamo riusciti a programmare un'uscita con tenda e zaino di ben 4km al massimo...
Ma se noi accettiamo di farci carico di parte dell'Educazione di ragazzi i cui genitori ci dicono chiaro e tondo che per loro lo scoutismo è una fesseria mica sono loro il problema, siamo noi.
I genitori sono esigenti?
E a noi che ci frega?
Se decidiamo di inchinarci al primo tizio che capita poi che senso ha lamentarsi che per fare il CR servono 20 ore a settimana?
Credo che sarebbe molto più utile alla causa se il Centrale trovasse il modo di farsi firmare un'ampia liberatoria da tutti i genitori come conditio sine qua non per accedere al censimento.
Ed iniziare ad essere sicuri che i ragazzi a noi affidati lo sono per completare il tipo di educazione scelto dalla Famiglia e non come parcheggio a basso costo per genitori 'allegri'.
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aureliano



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MessaggioInviato: Mercoledì 24 Settembre 2008, 16:20    Oggetto: Rispondi citando

rinoceronte caparbio ha scritto:
b'è, se tu capo (impersonale) vai alle riunioni di squadriglia, oltre a darti dell'idiota, ti dico che sbagli proprio metodologicamente.


Ma chi ha detto che va alle riunioni di sq.?

Per quanto riguarda la sicurezza...è vero che oggi (forse!) ci sono leggi più restrittive, ma non possiamo nemmeno ridurci a fare le uscite di reparto in salotto...anche perché i ragazzi chiedono Avventura, e dove non la trovano cominciano le defezioni...(chiaro che non bisogna sconfinare nell'incoscienza, ma quello valeva anche una volta...)
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gufopreciso



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MessaggioInviato: Mercoledì 24 Settembre 2008, 18:53    Oggetto: Rispondi citando

EDIT: eppure mi diceva che questo post non era stato postato... ho cancellato il messaggio.

L'ultima modifica di gufopreciso il Mercoledì 24 Settembre 2008, 19:15, modificato 1 volta
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gufopreciso



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MessaggioInviato: Mercoledì 24 Settembre 2008, 19:13    Oggetto: Rispondi citando

paciock87 ha scritto:
sul fatto che prima era diverso, prima era tutto più semplice, ma mi spiace dire che i tempi erano diversi... Le leggi erano meno restrittive ei genitori erano meno restrittivi, era tutto più tranquillo... A me me ne frega poco che BP diceva quello, che sarebbe più educativo quell'altro, io, come Capo, devo essere sicuro di fare un servizio sereno, cioè un servizio dove ogni giorno non rischio la galera...
Faccio un esempio: prima, almeno dai racconti di mio padre e di vecchi capi, si facevano molte riunioni di squadriglia senza Capi in sede, senza neanche avvisarli, molti gruppi tutt'ora lo fanno, ma ora questo non è più fattibile... Perchè se un ragazzo si fa male ed io non c'ero la colpa me la becco io suo Capo, il prete in quanto responsabile dei locali e tutta la Coca... Noi ci dobbiamo tutelare...


Non te la becchi tu la colpa... E comunque il discorso sicurezza è troppo ingigantito... agire in sicurezza, in legalità e garantiti è iustissimo per carità, ma ciò non significa necessariamente vivere nell'ovatta. Si riesce perfettamente a fare le nostre attività senza "metterci nei casini" detto terra terra. E questo ce l'ha spiegata approfonditamente il nostro RR che è avvocato penalista.

Detto questo noi siamo uno di "quei gruppi". Non ci sogniamo minimamente di andare alle riunioni di sq (altrimenti non sarebbe di sq), a meno che non sia strettamente necessario, lo chieda la sq, o al limite passare per portare qualcosa. Talvolta capita che ogni tanto magari vedi la sede aperta e passi a salutare e vedere com'è. Com'è giusto. Detto questo i Capi e i Vice hanno le chiavi della sede, e fanno riunione da soli e si vedono in sede ogni volta che lo ritengono necessario senza dircelo. Per quantoo riguarda uscite di sq di un giorno o anche di bivacchi con pernotto l'unica cosa è il programma che devono portare prim in Conca, se ne parla, lo si vede, lo si "lima" se è necessario. Una volta autorizzati partono... senza di noi. Idem le missioni. Per quanto riguarda il discorso genitori è giusto parlare con loro, spiegare, anche venire in contro... ma ad un certo punto la scritta luminosa EXIT è ben visibile. Noi educhiamo in un certo modo, con certi obiettivi e con certi metodi: aperti a tutti ma non per tutti. E amici come prima.

Per quanto riguarda il discorso dell'articolo, bè che io sappia comunque il Piemonte non è mai stato famoso per la diffusione dello scautismo... Generalmenre le motivazioni sono vere, ma comunque è un problema che a Genova non percepisco... da noi lo scautismo è molto diffuso e ben radicato.
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pacio



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MessaggioInviato: Mercoledì 24 Settembre 2008, 21:20    Oggetto: Rispondi citando

non di solo reparto vive un gruppo
anzi
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rinoceronte caparbio
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MessaggioInviato: Mercoledì 24 Settembre 2008, 22:05    Oggetto: Rispondi citando

aureliano ha scritto:
rinoceronte caparbio ha scritto:
b'è, se tu capo (impersonale) vai alle riunioni di squadriglia, oltre a darti dell'idiota, ti dico che sbagli proprio metodologicamente.


Ma chi ha detto che va alle riunioni di sq.?


paciock87 ha scritto:

prima, almeno dai racconti di mio padre e di vecchi capi, si facevano molte riunioni di squadriglia senza Capi in sede, senza neanche avvisarli, molti gruppi tutt'ora lo fanno, ma ora questo non è più fattibile.

mi sembrava di aver capito ciò....

comunque confermo che molti capi vanno SEMPRE alle riunioni di sq...tant'è vero che uno al convegno regionale veneto EG (poareto) si è beccato una bella ramanzina perchè si lamentava che i capi facevano sempre fatica, dovendo andare sempre alle 6 riunioni di sq di quel reparto...
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